Polizze Unit e Index Linked: Complessità e Costi Elevati

Negli ultimi anni, molti risparmiatori italiani si sono trovati di fronte a offerte di investimento presentate come “soluzioni assicurative evolute”. Si tratta spesso di prodotti che uniscono assicurazione e rendimento, noti come polizze “linked”. Queste forme ibride, che combinano copertura sulla vita con partecipazione ai mercati finanziari, promettono vantaggi fiscali e opportunità di crescita del capitale.

Tuttavia, sotto una superficie rassicurante, si nascondono talvolta costi elevati, strutture complesse e rendimenti inferiori alle aspettative. Questo articolo si propone di fare chiarezza sul funzionamento delle polizze unit e index linked, confrontandole con i fondi comuni di investimento tradizionali.

Non sono un consulente finanziario:

Le informazioni riportate non costituiscono sollecitazione alla collocazione del risparmio personale. L’utilizzo dei dati e delle informazioni contenute come supporto a operazioni d’investimento personale è a completo rischio del lettore.


#1. Cosa sono le polizze da investimento

Le polizze da investimento sono contratti assicurativi che includono una componente finanziaria. In altre parole, il capitale versato dall’assicurato non viene semplicemente accantonato per coprire eventi futuri (come accade nelle assicurazioni tradizionali), ma viene investito sui mercati finanziari. Questo rende tali strumenti potenzialmente più redditizi ma anche più rischiosi.

Tra le polizze da investimento, le più diffuse sono le cosiddette “linked”: si dividono principalmente in due categorie:

  • Unit linked
  • Index linked

Entrambe si collocano tra le forme di investimento assicurativo più flessibili e sofisticate, ma proprio per questo possono risultare poco comprensibili al cliente medio. L’idea alla base è quella di combinare la protezione di una polizza vita con il rendimento derivante da strumenti finanziari, come fondi comuni, indici di borsa o prodotti derivati.

A differenza delle polizze tradizionali a capitale garantito, le linked non assicurano un rendimento minimo. Il valore dell’investimento può aumentare o diminuire, e l’assicurato si assume parte del rischio. In cambio, vengono offerti benefici fiscali, la possibilità di indicare beneficiari specifici in caso di decesso, e in alcuni casi caratteristiche di protezione del capitale. Tuttavia, non tutti questi vantaggi sono sempre presenti, ed è fondamentale comprendere nel dettaglio ogni singolo contratto.


#2. Linked: definizione e funzionamento

Le polizze linked si definiscono così perché “collegate” a strumenti finanziari. L’assicurazione, in questo caso, diventa un veicolo d’investimento. Esistono principalmente due tipi di polizze linked: le unit linked, legate a fondi interni o esterni, e le index linked, legate a indici o panieri.

Le unit linked prevedono che il premio versato venga utilizzato per acquistare quote di fondi comuni, selezionati dall’assicurato o dal gestore. Il valore della polizza quindi dipende dall’andamento di questi fondi. Sono considerate più flessibili e offrono una maggiore varietà di scelta, ma spesso includono costi nascosti: caricamenti all’ingresso, commissioni di gestione annue, commissioni sul rendimento (performance fee), costi di riscatto e oneri legati alla parte assicurativa.

Le index linked, invece, sono legate all’andamento di un indice finanziario (come l’Eurostoxx 50 o l’S&P 500) oppure a una combinazione di strumenti finanziari. La struttura è più rigida: il cliente non sceglie direttamente i titoli, ma partecipa a una strategia predefinita. Spesso queste polizze includono meccanismi di protezione del capitale a scadenza, ottenuti tramite derivati. Tuttavia, presentano anche un rischio di controparte, perché l’esito dell’investimento dipende dalla solidità dell’emittente che struttura la componente finanziaria.

Entrambe le tipologie sono strumenti complessi, in cui i benefici fiscali e successori vengono spesso messi in primo piano nella vendita, mentre i costi e i rischi vengono relegati nelle clausole più tecniche.


#3. Differenze con i fondi comuni

Il confronto tra le polizze linked e i fondi comuni di investimento è essenziale per capire quale possa essere la scelta più adatta in base agli obiettivi dell’investitore. I fondi comuni sono strumenti finanziari puri: il risparmiatore acquista quote di un portafoglio gestito da professionisti e partecipa ai risultati (positivi o negativi) del fondo.

La prima differenza evidente riguarda la trasparenza. I fondi comuni, specie quelli armonizzati, sono soggetti a obblighi informativi più severi: i costi, la composizione del portafoglio e le performance passate devono essere pubblicati regolarmente. Le polizze linked, invece, spesso offrono report più generici e i costi sono meno evidenti, in particolare quelli assicurativi.

Un altro punto cruciale è la liquidità: i fondi sono generalmente riscattabili in pochi giorni, mentre le polizze prevedono vincoli temporali o penalità in caso di uscita anticipata. Questo può limitare la flessibilità del cliente in caso di necessità.

Dal punto di vista fiscale, le polizze hanno alcuni vantaggi: sono esenti da imposta di successione e impignorabili in determinate condizioni. Tuttavia, i fondi comuni offrono tassazione agevolata solo al momento del realizzo delle plusvalenze (capital gain), e in alcuni casi può risultare più efficiente.

Infine, i costi: i fondi passivi (come gli ETP) hanno commissioni annuali anche inferiori allo 0,30%, mentre molte polizze unit linked superano il 2% annuo, senza contare altri oneri. Questo differenziale, sul lungo termine, incide pesantemente sul rendimento netto.


#4. Vantaggi e svantaggi delle linked

Le polizze linked offrono una serie di vantaggi che giustificano, almeno in parte, il loro successo commerciale. Il primo è di natura successoria: è possibile indicare uno o più beneficiari che riceveranno il capitale in caso di decesso, al di fuori dell’asse ereditario e senza imposte. Inoltre, la polizza può essere impignorabile e insequestrabile, caratteristica utile in caso di situazioni patrimoniali delicate.

Dal punto di vista fiscale, le polizze non generano redditi imponibili fino al riscatto o al decesso. Questo consente una sorta di “differimento indefinito” dell’imposta, utile per chi desidera gestire il carico fiscale in modo strategico. Inoltre, in caso di decesso, i rendimenti sono spesso soggetti a tassazione ridotta o nulla.

Tuttavia, i contro sono numerosi. Il principale riguarda i costi: commissioni di gestione elevate, spese di ingresso e uscita, oneri assicurativi e costi impliciti riducono drasticamente il rendimento. In secondo luogo, la scarsa trasparenza può portare a sottovalutare i rischi reali. In molte polizze, il cliente non ha accesso diretto alle informazioni dettagliate sugli strumenti in portafoglio.

Anche la flessibilità è limitata: molte polizze prevedono periodi minimi di permanenza, e in caso di uscita anticipata possono applicare penali consistenti. Inoltre, la personalizzazione è spesso solo apparente: nella pratica, le scelte sono vincolate a un catalogo di opzioni interne all’assicurazione o alla banca.

Infine, è importante ricordare che, in caso di fallimento della compagnia o del soggetto che gestisce la parte finanziaria, il capitale può non essere protetto, soprattutto per le index linked che includono derivati strutturati.


#5. Perché le banche le propongono

Una domanda frequente tra i risparmiatori è: perché le banche spingono con insistenza le polizze linked? La risposta è semplice: marginalità elevata. Rispetto ai fondi comuni tradizionali o ai conti deposito, le polizze linked garantiscono all’istituto una remunerazione superiore. Le commissioni che le banche incassano possono superare il 3-4% solo all’ingresso, più una quota annuale costante.

Inoltre, questi strumenti vincolano maggiormente il cliente: una volta sottoscritta una polizza, è più difficile e costoso uscirne, il che significa capitale “bloccato” a lungo termine. Questo garantisce alla banca una base di ricavi più stabile e prevedibile nel tempo.

Un altro motivo è la bassa comparabilità: mentre un ETF può essere facilmente confrontato con un altro per costi e rendimenti, le polizze linked sono più opache e complesse. Questo rende più difficile per il cliente comprendere se stia facendo un buon affare o meno.

Infine, va considerato l’aspetto commerciale. Molti consulenti lavorano con obiettivi di remunerazione e incentivi legati al collocamento di determinati prodotti. Le polizze linked, grazie alla loro struttura, sono spesso al centro delle campagne di vendita più aggressive.


#6. Quando ha senso sottoscriverle

Nonostante le criticità, esistono situazioni in cui le polizze linked possono avere senso. Ad esempio, per chi ha un patrimonio elevato e vuole pianificare una successione ordinata, con vantaggi fiscali, le polizze possono essere strumenti utili. Anche chi desidera delegare completamente la gestione del capitale, accettando costi superiori in cambio di comodità e protezione, potrebbe trovare beneficio.

Un’altra situazione in cui possono essere utili è quella di soggetti a rischio patrimoniale (es. imprenditori), che vogliono proteggere una parte dei propri beni da eventuali azioni esecutive. In questi casi, la natura impignorabile della polizza può rappresentare un vantaggio reale.

Tuttavia, per il risparmiatore medio, attento ai costi e con una conoscenza di base dei mercati, le polizze linked risultano spesso meno convenienti rispetto a fondi indicizzati, ETF o gestioni patrimoniali più trasparenti. Anche chi punta alla flessibilità e a un controllo diretto del proprio portafoglio dovrebbe guardare altrove.

Sappiate inoltre che qualsiasi prodotto finanziario presente su un deposito titoli è tramandabile per eredità a coniugi e parenti in linea diretta senza nessuna tassa fino a un controvalore di 1 milione di euro per beneficiario. Viene applicata una tassazione al 4% solo per l’importo eccedente, il che rende le polizze per la maggior parte delle persone solo uno spreco di soldi.

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